Il lupo mannaro nel folklore: leggende e origine
Il lupo mannaro nel folklore è un essere maledetto che si trasforma adottando le fattezze di un lupo al sorgere di ogni nuovo plenilunio. La sua condanna può essersi generata in qualsiasi fase dell’esistenza se non fin dalla nascita.
La diffusione della licantropia tramite morso non è contemplata nel folklore ma solo come arricchimento della figura magica nel contesto letterario e cinematografico.
Di contro, la licantropia clinica è una malattia che presenta un delirio mentale che convince chi ne è affetto di potersi trasformare in un animale. I casi più gravi di licantropia clinica richiedono di essere sfamati con carne cruda e sangue.
La figura del licantropo trae la sua origine da una fonte diabolica e stregonesca sebbene la prima volta in cui si è dato vita a una commistione uomo-lupo sia nella mitologia norrena con il mito di Fenrir.
Come si diventa lupo mannaro?
Il plenilunio in certe tradizioni ha la sua importanza ma non è sempre presente. Una leggenda dice che chi nasce fra Natale e l’Epifania ha alte probabilità di diventare un licantropo perché osa apparire nei giorni di maggiore importanza per la fede cristiana. Per eliminare la maledizione il padre deve incidere una croce sotto la pianta del piede del neonato per i tre natali successivi.
Una credenza popolare prevede l’uccisione del lupo mannaro per mezzo dell’aconito, un veleno che in inglese prende il nome wolfsbane che significa appunto ‘veleno dei lupi’ oppure tramite il fuoco.
Il lupo mannaro nel folklore
Il lupo è sempre stato un animale temuto sebbene gli sia riconosciuto una certa dose di intelligenza. La sua scaltrezza nell’uccidere il gregge e la sua capacità di creare delle forme di comunità piuttosto complesse ha determinato una mescolanza di apprezzamento e paura. Per questo motivo viene spesso collegato con il demonio e con l’esoterismo.
Fin dall’uomo preistorico il lupo è sempre stato un nemico ma talvolta si è dimostrato un buon alleato. Ottimo cacciatore di greggi se ben addestrato poteva diventare una guardia efficace, in grado di allontanare i lupi solitari.
Forse è proprio questa vicinanza e la sua attitudine a dimostrare delle facoltà umane ad aver dato vita alla figura dell’uomo-lupo. La sua presenza è piuttosto diffusa nelle culture di tutto il mondo.
Ma la massima diffusione si ebbe durante il periodo medievale, in cui la caccia alle streghe e a qualsiasi altra forma diabolica fu il fulcro dell’attività religiosa.
Nell’Antica Grecia Zeus era il dio che più di tutti ricorreva alle pratiche di trasformazione e spesso diventava un lupo per cacciare le donzelle che non volevano concedersi.
Febo/Apollo era un’altra divinità che poteva trasformarsi in lupo, d’altronde la madre Latona era una lupa. Aristotele faceva lezione ai suoi alunni proprio in un bosco dedicato a Febo in versione lupesca e l’animale assunse una connotazione legata alla sapienza.
In Anatolia, invece, il lupo ricopriva il ruolo di protettore per la fecondità e le partorienti solevano recare voti affinché potessero rimanere incinte o il parto proseguisse senza intoppi. Mentre se ci spostiamo nell’Antica Roma, scopriamo come il lupo o la lupa stiano alla base della civiltà.
L’immagine di licantropo però non ha una datazione specifica sebbene la sua presenza inizi a farsi sentire attraverso un frammento della novella di Nicerote nel Satyricon, in cui si racconta l’incontro con un uomo trasformatosi in lupo mannaro.
La leggenda del licantropo nel mondo
Nell’Antica Roma il rapporto con il lupo era ambivalente in quanto si ammirava per la sua forza e intelligenza tanto da desiderare di indossare una sua pelliccia, che a detta degli esperti poteva trasferire le qualità dal lupo all’uomo. Sebbene potesse assumere anche un aspetto malevolo in certi contesti.
Tutt’altra connotazione assumeva il lupo nell’Europa nel nord, tanto che si diceva che i guerrieri nella furia della battaglia si tramutassero in orsi e in lupi. In particolare, nella saga dei Volsunghi, narrazione delle gesta dei vichinghi, i lupi mannari compaiono in più parti.
Nell’ottavo canto, si narra di due uomini ricoperti da pelle di lupo funestati da un incantesimo: solo una volta ogni cinque giorni riassumono le fattezze umane. Sigmund e il nipote pensano bene di rubare le pelli ma così facendo si appropriano anche della maledizione diventando a loro volta dei lupi mannari. Per fortuna, gli eroi riescono a dar fuoco alle pelli e bloccare per sempre la maledizione.
E in Italia? Il licantropo è presente in tutto il territorio sebbene assuma dei nomi diversi sugellati dall’impronta dialettale. Diventa quindi marcalupu in Calabria o lupunaru in Sicilia. In Francia è invece famoso con il nomignolo di loup garou e in Inghilterra come werewolf.
Nell’Europa dell’est il lupo mannaro è per metà un demone che dalle sue vittime succhia la forza vitale. Una somiglianza con il vampiro che surclasserà con il tempo la figura del licantropo.
In Oriente e nelle Americhe esistono delle figure di lupo mannaro nel folklore che possono essere ricondotte al licantropo e in Mongolia si diceva che Gengis Khan fosse discendente del ‘Grande lupo grigio’.
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