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Come riconoscere il famiglio da un semplice animale domestico? Una domanda che trova risposta all’interno dell’articolo. Ma prima di riconoscere dobbiamo capire bene di cosa stiamo parlando.

Pertanto, chi è un famiglio? Si può definire famiglio un alleato della strega, sebbene in antichità le sue origini fossero considerate demoniache e perciò tacciabili di maledizioni.

Tuttavia, il famiglio è un animale domestico, di varia natura, che sostiene e protegge la strega dai nemici.

 

famiglio gufo o civetta

Le origini della figura magica

 

Se si va a spulciare la definizione di famiglio nei riferimenti accademici, si scopre subito che la figura magica è definito uno spirito maligno, associato al demonio.

In particolare, si tratta di un demone minore, rivestito da un’immagine animalesca sotto forma di servitore. I classici famigli sono i gatti neri, i cani, le cornacchie, i gufi e le civette, le rane e i rospi, o tutti quegli animali considerati malefici.

Erano un mezzo per riconoscere le streghe, e nella fase più acuta della loro persecuzione, soprattutto nel Medioevo, caddero come vittime innocenti a fianco delle donne.

A vivere l’esperienza peggiore furono i gatti neri, in Inghilterra e in Scozia, i quali furono tremendamente sterminati. Invece, in altre parti dell’Europa, perlopiù in Germania, gli animali venivano visti come delle guide spirituali.

Il gatto nero: come riconoscere il famiglio

Come riconoscere un famiglio?

 

Il famiglio arriva solo quando ti riconosci come strega. L’incontro avviene casualmente ma il legame durerà per sempre. Non è detto che intercorra dell’affetto, dipende dal carattere dell’animale. Tuttavia, non mancherà mai protezione e controllo.

Ha la capacità di mimetizzarsi, quasi da non accorgersi della sua presenza. Eppure, quando è tempo di compiere delle magie è pronto a rispondere e a sostenere i rituali, aumentando il livello di concentrazione della strega.

Non solo incrementa la concentrazione, bensì infonde maggiore forza nella magia, nel caso servisse più del necessario per compiere qualche rituale particolarmente potente.

Inoltre, avverte dei pericoli, sotto forma di malefici o di persone che vengono per compiere degli atti malevoli nei tuoi confronti. In questi casi, fa un ringhio o un verso di richiamo, il quale sottintende un pericolo.

Secondo alcuni, il famiglio non è solo un protettore ma infonde anche fiducia alle abilità di una strega. Ma soprattutto funge da porta fortuna, poiché contrasta tutti gli influssi malefici che possono imbattersi contro la sua alleata.

Si tratta del tuo migliore amico, e dovrai trattarlo come tale. Non gli dovrà mai mancare del cibo, dell’acqua e, all’occorrenza, un giaciglio.

Se riesci a instaurare un rapporto emotivo entrerai in connessione a un livello di profondità tale per cui un semplice sguardo sarà più utile di molte parole. La forza magica scorrerà in maniera più fluida e ad avvantaggiarsi sarete entrambi.

animale magico: il topo

Si tratta di famiglio o di semplice animale domestico?

L’animale domestico ha una sua identità ben specifica e per quanto il suo affetto sia intenso, non potrà mai diventare le tue orecchie e i tuoi occhi. Invece, il famiglio va oltre la comprensione animale.

Conosce a fondo il mondo umano, sia da un punto di vista sociale sia da un punto di vista relazionale. Pertanto, è consapevole degli inganni che possono essere orchestrati pur di privarti della magia.

Perché, di fatto, oltre a proteggere la strega, si prende cura del mondo sottile e delle sue interazione con il mondo umano.

Essendo in comunicazione con gli spiriti e gli esseri elementali, non può che impersonare un faro, che illumina il cammino di conoscenza ma garantisce al contempo la sua salvaguardia.

Perciò, se una situazione diventa insostenibile non rimane che andarsene e salvare prima della persona e di sé stesso, la magia. In sostanza, alla domanda: ‘Come riconoscere il famiglio?’ Non resta che osservare i suoi comportamenti, i quali saranno rivelatori di verità.

La fonte della magia è il punto da cui si dipanano le energie sottili, utilizzati dai maghi e dalle streghe per gli incantesimi. A quanto pare, esistono dei  punti di intersezione in cui è possibile ricavare la magia.

Questi punti si trovano in corrispondenza dei nodi di Hartmann, e solo chi sa maneggiare il potere è in grado di percepirli e di scovarli. Questo è il segreto che accomuna tutti i maghi e le streghe del mondo.

I nodi di Hartmann: la fonte della magia

 

Secondo la teoria del medico tedesco Ernst Hartmann esiste una rete sulla superficie terrestre in cui si intersecano le forze telluriche e quelle elettromagnetiche.

Nei punti di contatto le energie sottili sono più intense e possono essere dannose per il corpo. Poiché noi siamo uno strumento capace di inglobare queste forze.

Ciononostante, da un punto di vista magico, la rete di Hartmann e i suoi punti nevralgici si rivelano essere la fonte della magia da cui esperti maghi e streghe riescono ad attingere il sapere.

I gatti sono particolarmente sensibili a questi punti energetici e scelgono i luoghi in cui questi fenomeni tellurici e magnetici diventano manifesti.

Si potrebbe dedurre che l’accoppiata gatto e strega sia una scelta naturale e condivisa, in cui i due esseri si scambiano reciprocamente il loro sapere magico.

 

fonte della magia

Come si attinge l’energia sottile?

 

Questo è uno dei segreti che caratterizza la magia. È possibile pensare che ci siano dei luoghi in cui le forze telluriche ed elettromagnetiche siano più intense e pertanto rilascino un fascio di energia maggiore.

Purtroppo, chi conosce il segreto non è disposto a rivelarlo. Però, possiamo capire perché i nemeton dei druidi (luoghi di ritrovo) o i ritrovi delle streghe e degli stregoni fossero fatti in luoghi precisi e non scelti a caso.

Da un punto di vista non magico, la rete di Hartmann definisce la disciplina della Geopatia, la quale viene classificata come una pseudoscienza dagli scienziati.

In pratica, chi svolge questa attività ricerca i punti magnetici e tellurici in casa o nei luoghi indicati tramite delle specifiche strumentazioni per determinare se siano dannosi o meno per la salute.

I menhir, i dolmen e i cromlech pare siano stati eretti seguendo il flusso di queste intersezioni. Ecco perché furono scelti come portali in cui svolgere le pratiche magiche nel corso dei secoli.

Il Grimorio e il Libro delle ombre sono due elementi distinti ma collegati poiché servono entrambi nella pratica magica. Molto spesso vengono confusi o non si conoscono le funzionalità.

Di solito, dai praticanti magici vengono utilizzati in due modi differenti, così da avere due libri distinti da consultare. Va inoltre sottolineato che si può acquistare il Grimorio e il Libro delle ombre in vendita ma nel corso del tempo è bene realizzarne due distinti e personali.

Questo perché le esperienze in campo magico sono differenti tanto quanto i risultati degli incantesimi. Inoltre, potremmo ampliare la proposta dei libri precostituiti con le nostre impressioni e le nostre scoperte.

Il Grimorio è il classico libro delle streghe e degli stregoni mentre il Libro delle ombre discende dalla corrente spirituale della Wicca e in particolare dal contributo dei fondatori Valiente e Gardner.

scrittura di incantamenti

 

Grimorio e Libro delle ombre a confronto

 

Grimorio

Il Grimorio è un libro, o meglio, un quaderno contenente le formule magiche, gli incantamenti e i rituali di magia o di divinazione. Si tratta di una raccolta di informazioni pratiche da utilizzare nel momento del bisogno.

Quando sorge la necessità di fare un incantesimo basterà consultare il Grimorio e trovare la formula adatta. Ha un valenza di estrema importanza per la strega o per il stregone poiché è una sorta di enciclopedia delle arti magiche.

Libro delle ombre

Il Libro delle ombre contiene formule e applicazioni pratiche ma anche molto altro. Si tratta di un diario più che di un libro a carattere enciclopedico. All’interno possiamo scrivere i nostri progressi, le nostre impressioni, le scoperte e le curiosità legate al mondo magico.

Nel Libro delle ombre scriviamo anche i testi di invocazione alla nostra divinità preferita, le coincidenze e i fatti ripetitivi che attraggono la nostra attenzione.

 

grimorio e libro delle ombre a confronto

Per approfondire il Grimorio e il Libro delle ombre:

Gli Oracoli Caldaici sono un’opera perduta composta in esametri da Giuliano ‘Filosofo e Caldeo’ e dal figlio Giovanni il Teurgo. L’opera risale al 150 d.C. ed è strettamente connessa alla pratica teurgica.

Tali versi frammentari contengono delle rivelazioni divine e si avvicinano alle filosofie neoplatoniche, condite da aspetti esoterici, magici e, in grande parte, ermetici.

Focus sulla filosofia caldea

 

Secondo i Caldei, il mondo a livello spirituale è diviso in piani e trascende dalla dimensione materiale. In sostanza, la dimensione materiale è quella che appartiene agli uomini, la dimensione spirituale è quella che appartiene alle divinità.

Al vertice del piano superiore risiede l’Uno, l’ineffabile. Sotto di lui esistono tre piani concatenanti sorretti dal Padre intellegibile, la Potenza e il Pensiero.

A seguire, un mondo intellegibile e uno intellettuale. Il primo presenta la triade: iyunge (potenza intuitiva e conoscitiva) formata dalla messaggera del Padre, i vincoli radunatori e gli dei che presiedono le iniziazioni empiriche, eteree e materiali.

Il piano intellettuale, invece, si articola nella triade detta dei ‘Padri governatori del Cosmo’, di Ekate o Anima Mundi (dea dei passaggi), e un Intelletto demiurgico, il quale coglie gli intellegibili tramite l’intelletto.

Sotto altri piani si dipanano in forme sempre più complesse e articolate. Ma per riassumere possiamo dire che i Caldei venerano una triade composta da fede, verità e amore.

 

Filosofia caldea

 

Gli Oracoli Caldaici

 

Gli Oracoli Caldaici creano un ponte tra il mondo materiale e quello divino. Ricordiamo sempre con la finalità di purificare l’anima e farla fondere con l’Uno.

Gli Oracoli in totale sono quarantadue e devono essere seguiti pedissequamente. Per completare il percorso bisognerà essere seguiti da un teurgo, l’unico in grado di connettersi con le divinità e allontanare i demoni.

Ricordiamo che la differenza fra magia, filosofia e religione in quel periodo storico non era così netta come oggi. Ecco perché negli oracoli compenetrano diverse figure come le divinità, i demoni, il simbolismo e i principi filosofici.

 

I primi dieci Oracoli Caldaici

Il primo oracolo afferma che l’anima irrazionale è l’immagine di quella irrazionale, pertanto una volta purificata ascende a un luogo visibile e compenetrato dalla luce.

Nel secondo oracolo si fa riferimento al corpo, anch’esso componente dell’anima e quindi parte da purificare.

L’anima come parte da trattenere e non lasciare andare è il tema del terzo oracolo. Bisogna fare attenzione a non lasciare andare lo spirito nel mondo invisibile fintantoché non è stato completamente purificato.

La particolarità del quarto oracolo è connessa al richiamo di abbandonare la conoscenza terrena che pesa come una zavorra nell’anima. Mentre il quinto oracolo esorta a ricercare quella parte dell’anima che per prima si è macchiata di non spiritualità.

Con il sesto oracolo si torna a contemplare l’intelletto, il quale va rivolto verso la conoscenza divina e non quella terrena. Il settimo oracolo pone l’attenzione all’uso dei nomi, i quali non devono essere travisati poiché all’interno contengono una grande potenza.

L’ottavo oracolo invita gli uomini a non farsi piegare dalle passioni mentre il nono oracolo parla della trottola di Ekate. Il suo rotolare è un’invocazione alle divinità.

Il decimo oracolo richiama il simbolo astrologico del leone e di conseguenza il pianeta a lui collegato: il sole.

 

Oracoli caldaici e piani dimensionali

 

Dall’undicesimo al ventesimo 

Gli Oracoli Caldaici continuano con l’undicesimo oracolo che sottolinea l’importanza teurgica per avere un’anima pura e libera. Con il dodicesimo oracolo si prende in considerazione la natura audace dell’uomo specie nel pensiero.

Ekate svolge un ruolo centrale di comunicazione con le divinità secondo il tredicesimo oracolo mentre il quattordicesimo oracolo invita ad ascoltare la vibrante voce del fuoco e della luce divina.

Dopo aver contemplato la luce divina arriva l’immagine o il simbolo, perciò secondo il quindicesimo oracolo non va evocata prima di questo passaggio.

Nel sedicesimo oracolo si avverte la presenza demoniaca che può manifestarsi come benevola. Cambio di registro per il diciassettesimo oracolo che torna a parlare della scintilla divina dell’anima umana, la quale deve tornare a fondersi con l’Uno.

Per esplicare il diciottesimo oracolo segui queste indicazioni: “Si rinserri l’abisso immortale dell’anima: tutti gli occhi completamente leva verso l’alto”. In sostanza, volgiamo lo sguardo verso la dimensione spirituale e non verso quella materiale.

Secondo i Caldei, l’anima ha una veste pneumatica (spirituale) e una superficiale, per questo il diciannovesimo oracolo precisa di non insozzare la parte spirituale con passioni o pensieri materiali.

Infine, il ventesimo oracolo suggerisce di trovare il Paradiso in cui vertono tutte le attività teurgiche.

 

invocazioni divinità

 

La penultima serie di Oracoli Caldaici

Il ventunesimo oracolo consiglia di fare attenzione ai demoni che abitano la Terra e che possono circuire gli umani. Si ripete, invece, il ventiduesimo oracolo sottolineando l’importanza di volgere lo sguardo verso il fuoco per salvare l’anima.

Mentre nel ventitreesimo oracolo c’è un ritorno di interesse nei confronti dei demoni, ma questa volta di quelli materiali. Nel ventiquattresimo oracolo viene riconosciuta l’importanza del Padre, il quale affidò agli uomini l’intelletto.

Pertanto, l’unico modo per entrare in connessione con il Padre è tramite l’intelletto. I dolori, secondo il venticinquesimo oracolo, sono distribuiti dai demoni.

Nel ventiseiesimo oracolo si ritorna al Padre, indicando il suo ruolo nel distribuire i vari simboli nelle anime degli esseri umani. Controverso il ventisettesimo oracolo, poiché afferma che chi si suicida compie una purificazione dell’animo.

Il ventottesimo oracolo definisce l’anima come immortale a differenza del corpo che ha un termine. L’affermazione del ventinovesimo oracolo è la seguente: “Il Padre non incute paura ma infonde persuasione”.

Cosa significa? Vuol dire che è una luce nel nostro cammino spirituale sempre pronto ad aiutarci a perseguire l’obiettivo. Il senso del trentesimo oracolo è che il Padre è l’essenza del tutto.

 

angeli e demoni

 

Le ultime indicazioni lasciateci dai Caldei

Il trentunesimo oracolo sostiene che l’intellegibile deve essere recepito con il fiore dell’intelletto e tramite la sensibilità. Nel trentaduesimo oracolo si invitano i fedeli a spingere l’anima al di fuori dal corpo così da essere finalmente liberi.

Il trentatreesimo oracolo suggerisce di velocizzare il processo di fusione con l’Uno, invece, il trentaquattresimo oracolo ritorna sull’importanza che riveste il fuoco sacro in ambito di comprensione.

L’uomo accoglie i pensieri divini con la voce sebbene siano solo pensieri e non parole pronunciate, questo sostiene il trentacinquesimo oracolo. A differenza, il trentaseiesimo oracolo punisce gli atei in oltranza ai loro discendenti.

La parola del trentasettesimo oracolo afferma: “Non contribuire ad accrescere il destino tuo bensì dominalo e lasciati governare solo da Dio”. Infatti, il trentottesimo oracolo sottolinea proprio come nulla d’imperfetto venga partito dal principio paterno.

Però, non dobbiamo accogliere l’Intelletto paterno prima di essere usciti dall’oblio e non aver ricevuto alcun simbolo, consiglia il trentanovesimo oracolo.

Nel quarantesimo oracolo si presenta la pietra mnizouris, di cui non si conosce la forma o il materiale, evidenziando il suo potere di offerta sacrificale ai demoni terrestri.

Gli ultimi due Oracoli Caldaici: il quarantunesimo oracolo suggerisce di imparare a riconoscere l’Intellegibile dato che sussiste fuori dall’intelletto. Il quarantaduesimo oracolo è alquanto criptico. In sostanza, dice che le iynges sono indicibili così come i pensieri del Padre, i quali possono essere compresi solo attraverso i simboli.

 

Per approfondire l’argomento, scegli queste letture:

La caccia alle streghe non si sviluppò con l’avvento della religione cristiana ma attraversò varie fasi prima di sfociare in eventi tragici. Furono una serie collaudata di azioni a portare sul rogo quasi centomila persone in tutta Europa.

 

Gli esordi della stregoneria

 

La stregoneria, secondo l’indagine condotta da Giordano Bruno nel suo libro “Storia della stregoneria” si sviluppo in seno a tre differenti culture: quella ebraica, quella greca e quella romana.

Tutte queste culture includevano concetti misogini che andavano a brutalizzare la figura femminile, relegandola a un’immagine di personalità negativa e inaffidabile.

 

La magia, infatti, era suddivisa in due aspetti:

  • teurgia: magia accompagnata da religione e spiritualità;
  • spicciola: riservata ai personaggi truffaldini.

 

Alle donne toccava l’utilizzo della pratica magica spicciola, che serviva solo a riparare o inneggiare legami d’amore e semplici sortilegi di natura alquanto sospetta.

Ma il vero cambiamento nei confronti della magia avvenne nel 439, in concomitanza con l’emanazione del Codice Teodosiano che affermò il cristianesimo come religione di stato nell’Impero Romano.

Da quel momento il culto del paganesimo e la magia vennero considerati crimini di lesa maestà che potevano essere giudicati con la pena di morte per chi li professava o li praticava.

Nel 533 le pene si inasprirono con l’avvento del Corpus iuris civilis, riscritto da Giustiniano, imponendo l’ortodossia cattolica a discapito dei vari culti agrari.

La legge non seguì gli stessi effetti in tutte le parti dell’Europa. Nelle isole britanniche si praticava la magia indistintamente dal culto pagano e non ci furono sanzioni.

Fu solo quando Witraedo si stabilì come re del Kent che iniziarono le prime ammende che poi aumentarono in pene più gravi nel 959 con la nomina di re Edgardo.

 

strega in volo

 

I primi segnali di caccia alle streghe

 

Il capitolo di un testo medievale, chiamato Canon Episcoli, creato ad ausilio dei vescovi al fine di intrattenere dei particolari atteggiamenti in diverse situazioni, fu riservato alla stregoneria.

Però, la Chiesa reagiva ancora in modo blando nei confronti delle pratiche magiche. Fino al X secolo, infatti, i culti pagani resistevano nelle campagne e si armonizzavano al folklore popolare. Per questo motivo la chiesa non li prendeva troppo sul serio.

La situazione cambiò con l’avvento delle eresie: dei culti religiosi interdipendenti dalla Chiesa. Queste credenze andavano a minare l’autorità della Chiesa e dovevano essere quindi debellate.

La risposta forte della Chiesa fu l’imposizione dell’Inquisizione: una serie di tribunali ecclesiastici che vennero istituiti in tutta Europa. Fu papa Gregorio IX a idearli nel 1231 e tali organi vennero affidati prima ai domenicani e poi all’ordine dei francescani.

Purtroppo, il campo di azione spaziò ben presto dall’eresia alla stregoneria anche se in questa epoca le persecuzioni per stregoneria non furono così numerose.

Ma la situazione non tardò a precipitare. Nel 1257 papa Alessandro IV emanò la bolla Quod super nonnullis concedendo agli inquisitori il pieno diritto di indagare sulle streghe.

 

La magia venne ulteriormente suddivisa in tre tipi di pratica:

  • demonolatria: il culto dei demoni e l’esecuzione di sacrifici;
  • dulia: mescolanza di nomi demoniaci con i nomi dei santi;
  • sortilegi: per mezzo di disegno di simboli magici o l’utilizzo di strumenti.

 

Il papa Giovanni XXII inasprì ulteriormente l’opinione nei confronti della magia commissionando attorno al 1300 al francescano Alvaro Pelayo un’intera opera contro le donne. Venne chiamata De planctu ecclesiae e l’opera cambiò radicalmente la visione nei confronti della pratiche magiche.

Fino a questa data, infatti, la magia era considerata una semplice illusione popolare, nonostante fosse ammantata da un’aurea diabolica. Con il trascorrere del tempo, invece, la visione cambiò.

La magia venne paragonata all’eresia e si rese necessaria l’estirpazione. Uno dei metodi scelti dalla Chiesa per eliminare il problema fu iniziare una feroce caccia alle streghe.

 

inquisizione

 

La caccia alle streghe inizia

 

Il Malleus maleficarum del 1486 incorporò tutte le credenze e le dicerie popolari nei confronti della magia. Fu redatto da due domenicani tedeschi: Heinrich Institoris von Kramer e Jacob Sprenger.

Il testo rischiò di non essere pubblicato ma Institoris inventò un finto collegio ecclesiastico che approvava la pubblicazione dell’opera. Iniziò così a diffondersi l’ideologia contenuta nel testo: la stregoneria era una pratica diabolica e andava perseguitata.

Le più operose in campo magico erano proprio le donne che si macchiavano di incontri riprovevoli con demoni e operavano sacrifici e sacrilegi di ogni sorta.

In Europa si diffuse una vera e propria caccia alle streghe che pochi osarono contrastare per paura di esserne, a loro volta, travolti. In Spagna, però, l’Inquisizione si concentrò nella persecuzione di marranos y mariscos e gli indios delle comunità americane. Pertanto, la caccia alle streghe fu quasi inesistente.

E in Italia? Nel centro e in sud Italia si avvicendarono pochi fatti rilevanti mentre nelle zone alpine la caccia fu feroce, quasi dai risvolti drammatici. A Milano, per esempio, le streghe venivano paragonate agli untori, per le loro capacità di maneggiare unguenti, e per questo perseguitate.

Nello stato tedesco, invece, la caccia alle streghe fu feroce a causa dell’avvento del protestantesimo. Heinrich Himmler, il gerarca tedesco, stilò un censimento negli anni Trenta e contò il numero impressionante di quasi 50.000 vittime. Ciò significa che metà delle vittime della persecuzione furono tedesche.

La seconda triste posizione tocca alla Francia ma anche nei paesi scandinavi contarono diverse perdite. Nelle isole britanniche, invece, non ci fu una vera e propria persecuzione.

Con il trascorrere del tempo la caccia alle streghe si diradò sempre più fino a scomparire e a nascondersi fra i risvolti di una storia che difficilmente verrà mai interamente svelata.

 

etichetta lettura adatta agli adulti

L’importanza della magia è assodata: data la sua diffusione millenaria e arcaica non può che svolgere un ruolo importante. E lo fa non solo per gli individui ma anche per la cultura stessa.

La sua pratica non si limita a una comprensione intellettuale ma richiama emozioni, sensazioni e percezioni. Combina ciò che la cultura occidentale ha spesso sottovalutato, ovvero la profondità psicologica ed emotiva.

In Europa, e più tardi negli Stati Uniti, le credenze magiche sono sempre state etichettate come stoltezza o superstizione. Senza considerare la sua stretta relazione con la scienza e la religione, e in modo più ampio, con la filosofia e la mitologia.

Cambiano i punti di vista. Nella magia l’uomo può influenzare gli eventi e i processi con le sue azioni. Nella scienza, invece, vediamo l’universo funzionare come un essere a sé stante, in cui l’uomo non ha alcuna influenza. Nella religione, infine, l’uomo è succube del volere di un Dio e per essere ‘salvato’ deve seguire in modo rigoroso le sue regole.

 

L’idea che l’avvento della modernità abbia in pratica sradicato le credenze magiche è palesemente sbagliata.

Un mondo senza magia è un posto freddo, povero di emozioni e di stupore, dominato da tecnici senz’anima e da specialisti senza cuore.

 

L’individuo si approccia la magia in tre modi, con:

  • la trascendenza: quando si sente influenzato ma non può agire sulle forze agenti (per esempio l’astrologia);
  • la trasformazione: quando si adopera in un processo di cambiamento (per esempio l’alchimia);
  • le transazioni: quando si stringono patti con energie o forze occulte (per esempio le pratiche della divinazione).

 

L’importanza della magia benevola e malevola

 

La magia benevola è utilizzata da maghe e stregoni per proteggere o rendere il mondo migliore. Fanno parte di questa categoria anche le varie forme di divinazione o di lettura del passato, del presente e del futuro. Con gli incantesimi e i rituali magici si aiutano le persone e la natura. Ed è questa la linea di demarcazione fra magia nera e magia bianca.

Tutte queste pratiche possono essere viste dagli scettici come una forma di magia malevola. E talvolta è così. Quando il mago o la strega utilizzano la magia contro le persone o contro la natura stanno esercitando la magia malevola. Chi usa la magia per compiere azioni malvagie evoca presenze tenebrose che possono essere paragonate alle armi.

Degli strumenti che servono a colpire, soggiogare o vincolare qualcuno ma che lasciano degli strascichi ben visibili. Per questo la magia malevola è da sempre ostentata e combattuta.

Fare un sortilegio malevolo a qualcuno non è da considerarsi come un attacco personale. Ma un gesto compiuto contro l’immagine (l’imago) della persona o l’impressione che ha lasciato.

Un desiderio di togliere quella brutta sensazione che percepiamo quando qualcuno ci ha in qualche modo ferito o umiliato. Eliminare dalla radice l’influsso negativo che questa persona proietta su di noi.

L’importanza della magia raggiunge il suo apice quando questa concorre a far prosperare e non a distruggere o a danneggiare. A prosperare, infatti, non è solo l’uomo e la sua cultura ma l’universo intero.

 

Qual è l’origine di Abracadabra? La formula magica che fin da bambini abbiamo imparato a recitare ha delle origini lontane nel tempo. Ma non troppo lontana, diciamo nel Medioevo.

La formula era usata tantissimo in quell’epoca ed era la generatrice di tutti i rituali magici e degli incantesimi. L’origine di Abracadabra deriva dall’ebraico, dalla commistione di due parole. ‘Abreq ad habra‘ che letteralmente significa “scaglia la tua folgore fino alla morte”.

L’origine di Abracadabra scritta

Quando veniva utilizzata nella formula scritta subiva un processo piuttosto particolare. Prima era trascritta per intero all’interno di un triangolo rovesciato o la scritta stessa andava a formare un triangolo.

Nel triangolo la parola Abracadabra era ripetuta riga per riga fino a riempire il triangolo. Ma la parte interessante arrivava all’approssimarsi dell’ipotenusa in cui rimaneva lo spazio per scrivere una sola “A”.

 

abracadabra formula magica

 

Le altre origini della formula

Un’altra possibile origine di Abracadabra è relativo alla filosofia gnostica e corrisponde al nome del dio solare Mithra, ovvero Abraxas. Andando a spulciare i talismani dell’epoca questo nome si rivede spesso e sottintende un significato ben specifico.

Abraxas identificato con Mithra rappresenta il mediatore fra l’umanità e il dio Sole invincibile venerato fra il III e il IV secolo d.C. in forma di religione monoteista. La stessa dualità Abraxas e Mitra rappresentava in Iran l’intermediario fra il Bene e il male riconosciuti con il nome di Ohrmazd e Ahriman.

Possiamo quindi riassumere gli aspetti della formula dicendo che:

  • Abracadabra non ha un’origine certa ma la si identifica con certezza nel Medioevo;
  • potrebbe avere due significati distinti e appartenere entrambi alla doppia divinità Abrax-Mithra;
  • non ha traduzioni in nessuna lingua;
  • oggi è una formula di rito nei giochi di prestigio;

 

Abracadabra contro i malanni

L’origine di Abracadabra risale al testo Liber medicinali scritto da un medico a servizio dell’imperatore romano di Caracalla. La prescrizione prevedeva di indossare un talismano con la scritta della formula all’interno di un triangolo capovolto. In questo modo la malattia sarebbe diminuita.

Viene citata anche da Carlo Levi nel contesto autobiografico del libro “Cristo si è fermato a Eboli” nel paragrafo in cui consigliava l’uso dell’amuleto a forma di triangolo.

E, infine, venne usato nel Seicento durante la pandemia di peste a Londra. Il triangolo rovesciato veniva appeso agli stipiti della porta così da allontanare e non far entrare il male oscuro che imperversava nelle strade.

Quali erano le competenze dello stregone? In quale modo riusciva a dimostrare alla tribù che le sue preghiere funzionavano?

Non appena la civiltà preistorica si rese conto della componente magica della natura si scatenò la necessità di avere qualcuno che fungesse da tramite. Le famiglie interagivano a loro modo con la natura ma capirono ben presto che l’arte propiziatoria non era sempre favorevole.

Pensarono così di affidare l’incarico alla persona più in vista della tribù, la quale spiccava per la sua prestanza fisica o per l’intelligenza. Oppure, più semplicemente, per la sua saggezza.

Nacque in questo contesto la figura dello stregone, un’immagine antecedente al sovrano. Nel tempo, infatti, la figura di sovrano, stregone e sacerdote si mescolarono per fissare l’aurea di importanza e trascendenza.

Furono delle figure essenziali per la crescita della comunità perché concorsero a formarne l’identità e spinsero le menti a porsi sempre nuove domande. Promossero – indirettamente – l’evoluzione umana, rivolgendo uno sguardo all’inconscio e alla relazione con la Natura.

Magia pubblica e privata

 

Credere nella magia significa presupporre che, sotto l’influsso di certi riti, la vita ordinaria si sfilacci per dare spazio a un altro piano di realtà. Questa fessura suddivide il mondo reale dall’occulto.

Chi si rivolge allo stregone accetta tacitamente questo patto di alleanza in cui si affidano i propri problemi a un tramite capace di conversare con forze sovrumane o energie naturali.

Si accede nel mondo dell’invisibile dove si muovono entità occulte che solo il mago è in grado di evocare. Instaurando così uno stretto rapporto di causa magica ed effetto reale.

 

Le competenze dello stregone si dividevano in due categorie principali di magia:

  • pubblica;
  • privata.

 

La magia pubblica veniva praticata a beneficio dell’intera comunità o nella cerchia ristretta della tribù. Quella privata, invece, investiva riti magici, incantesimi e altri artifizi a beneficio del singolo.

Nei riti privati il cittadino veniva aiutato a sconfiggere malesseri, problemi o questioni di cuore. Allo stregone veniva posto un quesito e lui si affaccendava per trovare una risposta valida.

Fra le competenze dello stregone nella magia pubblica c’era quella di far piovere. Era sua la responsabilità di far cadere l’acqua o di bloccarla qualora fosse troppa.

E lo faceva affidandosi alla magia imitativa (omeopatica). Per far scendere la pioggia mimava la caduta delle gocce d’acqua o danzava il movimento delle nuvole; per bloccare la pioggia invocava il calore con il fuoco e si rivolgeva direttamente al sole.

Allo stesso modo si rivolgeva agli altri agenti atmosferici come il vento, la siccità, il freddo, eccetera, cercando di intercedere fra queste divinità e il volere della sua comunità.

Quando il tempo era fin troppo molesto il sacerdote sosteneva che fosse stato in qualche modo indispettito. A ciò seguiva tutta una serie di rituali che venivano fatti per riportare la pace e un clima di serenità.

 

La magia si può includere tra i sogni di onnipotenza della specie umana: i riti magici, infatti, teatralizzano la sfida dell’uomo contro l’ambiente, o il tempo, o il destino, o il male che è sempre in agguato; sono uno scudo psicologico che lo protegge davanti alle grandi sfide della vita.

 

Per il mago le cause produrranno sempre gli stessi effetti: a un sortilegio seguirà il risultato voluto. L’insuccesso dipende solamente dalla forza maggiore di un altro stregone o dalla poca predisposizione del richiedente.

Il potere che detiene non è arbitrario o illimitato: lo può usare solo attenendosi alle regole della natura. Infrangere le regole significa fallire o creare un pericolo. La sovranità che dimostrava nei confronti della Natura era limitata al proprio raggio d’azione frutto di un’azione prevedibile e calcolata.

La sfida del mago, dello stregone o del santone è in sostanza sostenere l’uomo e la sua comunità e aiutarli a combattere la battaglia che ne minaccia l’esistenza. Una figura fondamentale che serviva da supporto e confutava i quesiti in sospeso per mancanza di risposte.

 

la magia privata e pubblica

 

Competenze dello stregone: la sfera emotiva

 

Il rito magico compiuto da uno stregone doveva essere accompagnato da una fortissima carica emotiva. Senza trasmettere una sorta di empatia o coinvolgimento emotivo, l’incantesimo non poteva avvenire.

La forza dello stregone era nell’imitare il scenario desiderato realizzando una commedia della magia, in cui attori invisibili svolgevano il ruolo affidatogli. In tal modo si andava a creare una realtà illusoria che scaturiva il determinarsi dell’incantesimo.

Ma attenzione, la magia non veniva inventata. Ciò che faceva era mettere in pratica un sapere tradizionale, imparato e trasmesso da generazioni di maghi. I quali a loro volta l’avevano appresa dalla natura, dai sentimenti che suscitava e dalle emozioni che avevano imparato a intrappolare nei riti.

Questa conoscenza implicava la capacità di estraniarsi dal tempo e prendere contatto con il mondo soprannaturale, che altro non era che un silenzioso linguaggio di sensazioni, emozioni e interazioni fra uomo e natura.

Nel momento del rito non si figurava come un uomo ma come un tramite, un mezzo di comunicazione. Per questo i rituali venivano compiuti esattamente come andavano fatti: una formula pronunciata male o sbagliata, inficiava il processo magico.

Se sperimentare è sinonimo di scienza, la riproduzione perfetta e inalterata è il presupposto fondamentale delle formule magiche di un rito. I primi stregoni erano incapaci di osservare il mondo con occhio critico ma in cambio avevano formulato un legame profondo con la natura.

Le parlavano attraverso il linguaggio delle emozioni, affidandosi a metafore e immagini, trovando così un punto d’incontro. Una qualità oggi offuscata dalla razionalità e dall’incapacità di provare emozioni.